A GINA, quello che ogni donna dovrebbe essere per un uomo, il suo alter ego


lunedì 5 agosto 2013

La storia ufficiale

Mi stanco troppo presto delle cose che faccio, è come se in fondo non avessero midollo o mancasse il guizzo finale per farmi godere e dire ecco ci siamo. Vale per questo blog e per molte altre cose. Leggo che molti sono già in ferie, io no, io qui sto e ancora per chissà quanto tempo, sinceramente non saprei dove andare. Le ferie più liberatorie le fai viaggiando dentro di te ( e dopo questo saggio di vera e profonda filosofia voglio la laurea d honorem). Ma avevo comunque deciso di scrivere un post su un altro assioma, lo scrivo al posto di uno terribile sul’amore perduto e sulle sue conseguenze esistenziali. .. meglio lasciar perdere.

 Dunque, la storia patria ufficiale recita che i tre maggiori artefici morali e materiali dell’unità italiana furono Cavour, Mazzini e Garibaldi. Ad essi dobbiamo la nascita e la spinta che ci ha portato ad essere, buoni ultimi, una nazione unita nel consesso delle altre grandi nazioni europee. Di questi che a buon diritto possiamo definire “padri della Patria” Cavour rappresenta la mente organizzativa e politica finale, una delle personalità più lucide e importanti dell’Europa di quel tempo. L’Italia unita gli deve gran parte della sua esistenza. Opinione personale: Cavour mi è sempre stato sullo stomaco, capisco che non è fine ma non sono mai riuscito a digerirlo. Innanzitutto dell’unità italiana non gliene fregava niente! Mai. Camillo era un francese della Savoia, pensava da francese, amava da francese e parlava francese. Lo parlava molto meglio dell’italiano, fate mente locale alla caricatura di Fiorello su Carla Bruni…ecco una cosa così. Camillo se scriveva in italiano faceva in 10 righe molti più errori di me, e infatti le cose importanti le pensava e diceva in francese: una volta dichiarò che se lo avesse saputo prima col cavolo che si dava da fare per l’unità. Che bugiardo matricolato, lo sanno tutti che la sua idea era quella di un Italia divisa in tre parti, nord centro e sud, distinte e separate. Lui ovviamente organizzava la parte settentrionale, le altre se la sbrigassero i francesi col regno pontificio e i borboni col loro vasto regno delle due sicilie. E prima ancora aveva idee molto più “limitate”: un Piemonte come parte integrante della Francia che poi se ci pensate era la cosa più logica. Ma quale unità e quale sud, dai non scherziamo a Camillo Benso del sud non importava niente, solo grane erano, grane e problemi. Però c’era un problema, quello di sempre ragazzi miei (anche voi del nord), IL DENARO! Il Piemonte era in bolletta. Non lo sapevate? Bene ora lo sapete, bolletta rossa, quasi bancarotta. Cavour era un grande organizzatore, tessitore si dice meglio, pieno di idee strategiche ma ogni tanto andava male e i Savoia erano nei guai, chiedere a Rotschild per conferma. Io suppongo cche il Conte la vedesse così: del regno di Napoli non me ne frega niente ma ci sono qui un gruppo di esaltati (terroni e polentoni assieme ) che hanno smosso troppo le acque. Se mi avessero dato retta… ma loro no, sti stronzi dilettanti, hanno riempito la testa di balle a quel grosso orso scemo di Peppino e adesso non si può più tornare indietro; forse, certo che se l’Inghilterra si facesse i fattacci suoi…ma anche lei ha il suo tornaconto. Vabbè non resta altro da fare che guidare, per dir così, il destino. Facciamo conquistare questo regno di beduini a Garibaldi, ufficialmente noi non c’entriamo ma sotto sotto ci siamo eccome, agenti segreti, accordi sottobanco, e chi più ne ha più ne metta. Ci pappiamo le due sicilie che sono piene di soldi, saldiamo i debiti
e poi organizziamo tutto e tutti con il savoia way of life. E così fu, non potendo evitarla l’unità d’italia si fece e si fecero anche quelle farse di annessioni di cui il 90% dei cittadini non comprendeva il carico nè presente nè futuro. Terminata l’operazione (su cui si potrebbero scrivere fiumi di parole) il chirurgo Peppino fu sbattuto fuori dalla sala operatoria con una pedata nel sedere (troppo volgare come tipo) e iniziò l’avventura che ancora oggi non è finita. Pochi probabilmente vorranno commentare le mie allucinazioni simil storiche ma anche così devo dire che le barriere si innalzano quando ci si vuole “difendere” da verità storiche troppo scomode e politicamente scorrette. Ricominciamo. Stavolta cambiamo argomento, parliamo di noi, di noi che abitiamo su questo pontile sparato nel Mediterraneo con relative appendici. Cominciamo male perchè le parole saranno inutili e questa specie di paese sarà sempre più spaccato. Sapete che vi dico? Rompiamo l’anguria! Visto che dal Nord cala con monotonia aberrante sempre la solita musica distruggiamo gli strumenti e facciamolo a muso duro. Da terroni insomma. In sintesi la questione è questa: eravate poveri, sporchi e arretrati. Vi abbiamo portato ricchezza pulizia e civiltà. Quindi non rompete i coglioni e statevene almeno zitti! Balle! Grosse balle! Il Regno delle due Sicilie era ricco e prospero, comunque situato ai piani alti degli stati europei. La sporcizia non era quella di adesso, quella postunitaria; se qualcosa di sporco c‘è stato è la continua cancellazione di fatti storici sostituiti con una narrazione di comodo. La civiltà è meglio non nominarla! Molto meglio, e non da ora ma nei precedenti 6-7 secoli. Nomi se ne possono fare decine. Leggere qualcosa d’altro prego e non solo il giornale di Feltri o quello che si dice Libero. Leggere in Italiano, quella lingua che nella mia isola si parla abbastanza bene e che viene scritta pure con qualifiche da Nobel, tanto per dire. Leggere signori da Roma in su. Leggere e riflettere perché: “la storia non può essere studiata secondo le direttive del partito in cui si milita o di cui si condivide l’ideologia e il programma politico. Dobbiamo liberamente ricostruire il nostro passato anche se ciò significa porsi controcorrente, con il risultato di non essere congeniali né agli storici di destra che di sinistra.” Tommaso Pedìo, massimo storico lucano, nella sua lezione introduttiva al corso di Storia Moderna dell’Università degli Studi di Bari, Facoltà di Giurisprudenza, anno accademico 1967-68 riportata in “Economia e società meridionale a metà dell’Ottocento” di Tommaso Pedio, Capone Editore, 1999
Leggo un giorno sì e l’altro pure questa predica: ci siamo stancati di spendere i soldi per amministrazioni mafiose e truffaldine, vogliamo che i soldi prodotti nella onesta e laboriosa padania restino lì- Vogliamo il federalismo. bello, moderno virtuoso, senza vincoli e astruse pastoie burocratiche ( Borboniche)!!! VA BENE! Punto primo essere sinceri. E invece raccontate bugie: avete paura di pronunciarla da un po’ di tempo la magica parola, SECESSIONE. Che poi sarebbe la soluzione perfetta, dai. Fora di ball, noi ci abbiamo le nostre belle fabbrichette, i nostri commerci e le nostre belle strade, l’alta velocità, il business con il mondo che conta, possiamo mica star qui a perdere tempo e denaro con questi burundi dell’ostia, con questi beduini sudici e altezzosi. Ognuno per la sua strada. Io non capisco perchè in giro si respira chiaramente un’aria di un certo tipo e poi nelle sedi ufficiali tutti col gelato in mano a fare salotto.
Dire la verità prego: non c’è storia comune, non ci sono ideali comuni, la forbice si è allargata e adesso taglia solo da un lato, quello a sud. Dire la verità prego che è la stessa identica che scorreva un po’ sotterranea già 30 anni fa e forse anche prima. Un bel confine sugli appennini, il porto di Genova e Trieste come sbocco al mare, e via andare, soldi pulizia e progresso assicurato e una volta l’anno una bella festa alle sorgenti del Po. Ok, Ok, separiamoci… ma prima tornate indietro i danè, e le vite e i lustri e il sangue e il tempo perso a farvi i fatti vostri con la manodopera fisica e mentale del meridione. Guardate che così non funziona sapete, non si può passare 150 anni a giocare a scopa (falsificando le regole già all’inizio) e quando non va più dire adesso è una briscola. Non va bene no. C’è la penale in tutti i contratti rescissi in modo unilaterale. Il Piemonte e la padania sgancino i soldi che si sono autoelargiti in 150 anni di politica nazionale nordista. Poi discutiamo del resto. Io nel mentre spero che siano messe dogane tipo estero in tutti i porti della Sicilia, va bene? E se non piace c’è il mare della Romagna o quella della Costa azzurra che è tutta un’altra cosa, mica Lampedusa. Beh, in tutta sincerità adesso mi sento immensamente più leggero.

Nessun commento:

Posta un commento

Ciao Gina mia