A GINA, quello che ogni donna dovrebbe essere per un uomo, il suo alter ego


sabato 28 dicembre 2013

IL MIO TEMPO OBLIQUO

Questo è un tempo obliquo, questo degli ultimi anni: quello che mi divora sul blog e sulla carta. Non posso dire che non mi appartiene ma vorrei che se ne andasse altrove a intorbidare il cuore.
Il mio tempo vero è qui, su questo poggio a scrutare una porzione di azzurro marino incuneata tra il monte e la vigna; il tempo diretto è un ragazzo senza freni che mi ha raccontato altre storie con altre parole e altre intenzioni. Credevo di incontrarli tutti i visi che ho amato: gli uomini e le donne che, secondo me, dovevano essere tutti qui a vagare fra queste colline e il mare.
Si sono celati nel gran corpo della terra: di loro hanno lasciato, qua e là, soltanto l’eco sciolta del loro essere persone…e mi hanno dato una lezione di asciuttezza e dignità. Ho sperato che ci fosse almeno lei, doveva esserci e ho gridato il suo nome al vento ma non è tornato niente indietro: così sono inciampato nei sogni e, adesso, andarmene sarà solo un’illusione. Voglio dirvi che ho camminato tanto da scordare il punto di partenza, che mi sono finto mille altre cose da quest’uomo che guarda ostinatamente davanti a sé.
Non c’è astio, non c’è rammarico ma ho capito che non sono più qui da tempo; ho capito di avere un senso solo col vento vero sulla faccia e con i ricordi che non si possono raccontare. Le cose che scrivo, fuori dai miei occhi, annaspano e muoiono: questo spiega sia le carezze che gli insulti. Fra il silenzio della terra e l’idea del mare che verrà non riesco a dirvi addio semplicemente, con tutto l’amore che ho. Non lo dirò quindi ma averlo pensato è peggio.

martedì 24 dicembre 2013

Natale sbagliato

L'ho capito. Ma non ci voleva poi molto però. Le mie festività, quelle natalizie in particolare, sono diventate un incubo perchè non ho più punti di riferimento affettivi. Sono nato in una famiglia e ci stavo con tutti gli annessi e connessi; avrò mandato affanculo mio padre un centinaio di volte negli anni fra il 1971 e il 76.
Tutto in regola, avevo una famiglia e quando ci si vedeva, quanto arrivavano le cornamuse e il presepe, l'albero con la neve e gli odori di cucina ( non posso dirvi come si mangia a casa mia) io ero in festa.
C'erano le feste, altro che storie, regalucci compresi.
Non è più così: non lo è più da almeno sedici anni, da quando ho spaccato il matrimonio e lei ha fatto una figlia con un altro, da quando Natale arrivava mentre io non dormivo più nella stanza accanto a quella dei miei ragazzi. Da quando io entravo in una casa che non era più mia per fare gli auguri...
Auguri papà, un bacio papà, dove sei più tardi papà?
Che mi importa del Natale? Lo vivo da solo il Natale.
La parte etico- religiosa son fatti miei, quella umana affettiva pure ma non funziona e tutto crolla e le mie feste sono niente. Prima finiscono e meglio è.
Le altre donne, gli altri tempi e le mie altre vite hanno tutte questo buco nero che io scioccamente pensavo di coprire con la cultura, la famiglia alternativa, con pensieri e riflessioni profonde sull'umanità. Non funziona! Dove sei più tardi papà? Dire sono qua da voi non serve se per una vita sei stato lì accanto ma non dentro. e adesso che l'ho capito me lo dico, lo scrivo su questo blog che tanto siamo 2 gatti a leggerci e la tristezza fa male alla salute.
Ma è una variabile personale il tempo, il mio tempo diverso dal tuo; in verità non è nemmeno mio, con me scherza, ogni tanto discute…poi mi volta le spalle e se ne va per la sua strada. Così anche questo Natale, l’ennesimo, giunto puntuale per sé ma non per le mie aspettative. Ho dovuto lavorarci sopra nelle ultime ore, mi sono guardato intorno e ho visto il mio identico smarrimento, mascherato meglio però.
La luce di cui parlarono i profeti galleggia nel cielo solo per chi sa e vuole vederla, per tantissimi altri è una fiction ben orchestrata. Ho trascorso alcuni Natale al buio ma ho letto a lungo che la Luce esiste, essa è, siamo noi a colorarla e a chiamarla coi nomi più svariati: per chi ha fede essa è il soprannaturale che incrocia il cammino dell’uomo, per chi guarda solo alla realtà concreta è un obiettivo di riflessione ed umana solidarietà. Per me, bambino, fu neve e meraviglia, concerti di Natale e mia nonna col naso freddo in Piazza Duomo a Milano. Poi, negli anni, velocemente non fu più nulla, solo il venticinquesimo giorno dell’ultimo mese dell’anno. Ora è quasi silenzio e parole bisbigliate per destare il ragazzino che fui con una dolcezza che avevo scordato. Quanto mi piacerebbe regalartene un po’…Auguri.

sabato 21 dicembre 2013

La stanza segreta FT

La pazienza è la virtù specifica del pescatore, l’impazienza quella degli altri. Si getta la lenza da uno scoglio, in un punto dove solo il pescatore conosce bene il fondo. E si aspetta e l’attesa può durare anche molto tempo. Mentre passano le ore e le stagioni diventa naturale riflettere e ricordare; l’analisi può essere illuminante e definitiva in questi casi, comunque un punto di riferimento. Le decisioni sono sempre secondarie anche se prevedibili: spesso ho atteso fin oltre l’ultimo minuto accettabile, per affetto o paura del nuovo ignoto che mi attendeva. Quando il grosso pesce arriva è sempre una sorpresa, un insulto alle proprie capacità di preveggenza: lo aspetti sempre qualche minuto dopo… La stanza segreta è qui e adesso, è una storia iniziata molto tempo fa. E’ l’attimo in cui arrivi a quella comprensione che ti sfugge da sempre.
E’ un legame profondo, irrinunciabile, uno scrivere e pensare da lontano con una vicinanza intellettuale rara. La stanza è un simulacro dell’illusione di poter condividere ma è anche la definitiva sconfitta di un sogno leggero e invidiabile. Era risaputo, era scontato che l’apertura della porta avrebbe portato con sé una sospensione infinita di questo spazio. La preda si libererà dall’amo con uno strattone e libererà finalmente anche me: un segno di affetto profondo. Io non ho rimpianti, stare qui mi è piaciuto davvero , condividere anche i disaccordi o le reprimende ancora di più. Ma vi sono cose che non è possibile raccontare, forse solo intuire. Non chiudo, resto qui così con tutti i miei orpelli in bell’ordine, commenti compresi, in una tensione infinita che è il solo segno di una vita diversa perché al fondo di tutto non sono un ladro ma solo un sognatore. Come tanti.

mercoledì 18 dicembre 2013

Credi ai miracoli?

“La moderazione dei commenti è stata attivata. Tutti i commenti devono essere approvati dall’autore del blog.” 
Tu però non ti moderi, ci spalmi davanti l’intima verità dell’araba fenice e, appena risorgi dalle tue ceneri, sparisci nell’alba che viene. Tu devi aver visitato la medesima bottega di stregoneria in cui, molto tempo fa, passai anch’io: l’effetto della pozione è identico, la macchina fotografica ha un obiettivo micidiale ma il pulsante di scatto ha delle assenze: sul negativo ci sono alcuni fotogrammi neri. Fa parte dell’alchimia, sono gli effetti collaterali…nel 67 siamo stati a Frisco, era la breve stagione della summer of love, durò un battito di ciglia e fummo sommersi dall’LSD, le endorfine vennero fuori dopo ma continuammo a sentirci i padroni del mondo, eravamo solo bolle di sapone colorate. Le ultime stanno scoppiando adesso if only you believe in miracles like j believe.

MIO PADRE

 Bovis Marcel (1904-1997)
L’enfant à la colombe, jardin du Luxembourg

Mio padre c’è stato in modo imponente, nel bene e nel male era uno di quei vecchi siciliani che ti attraversano da parte con lo sguardo, un uomo che ti imponeva delle scelte anche nel linguaggio e mi ha costretto a combattere per le mie scelte diverse dalle sue.

domenica 15 dicembre 2013

Enzorasi

Ho in testa almeno un centinaio di post, un centinaio di Enzorasi pronti a scappare sulla tastiera. Stanno facendo un tale chiasso che, stamattina, li ho chiamati in direzione e ho detto loro che nelle prossime settimane voglio vedere attentamente i “loro compiti a casa”, voglio correggerli e dare loro un senso minimo di unità. Insomma ho dato loro un’occhiata in questi giorni e c’era una tale accozzaglia di “etichette” da lasciare senza fiato anche uno come me che conosce bene i suoi polli, una “enciclopedia dell ’Enzorasi pensiero” che non ha alcuna dignità di essere immediatamente partorita così com’è.
In bottega ho trovato la musica della mia generazione sessantottina, riveduta e corretta dagli umori della mia educazione di borghese siciliano; i lampi della mia infanzia magica e “rivoluzionaria” tesa tra Milano e la Sicilia, tra il risotto con lo zafferano e il couscous; le note dell’orchestra sinfonica della Scala e gli accordi impossibili della chitarra di Jimi Hendrix; le pagine lucide di Sciascia e i ciclostili del movimento studentesco del 1970; i canali d’acqua dolce della bassa padana tra le cascine dove arrivavo in bicicletta… e questo mare arrogante e infinito dove ho scelto di posare i miei occhi da vecchio e il mio cuore di ragazzo. Alcuni mi hanno invitato ad essere più tollerante tout court e a provarci ancora; io dico ricominciamo in un altro post, ho ancora alcune confessioni strabilianti da fare e sono un uomo che nasconde la sua tenerezza per non farsi troppo male.

giovedì 12 dicembre 2013

Uno

Gustav Klimt

Sono un solitario e adesso non ha più importanza capirne il perchè: è trascorso tutto il tempo necessario ad esaurire le ragioni di una vita vissuta così. Io sono solo. In compagnia, buona o brutta, assorto nel formicolare di pensieri o nel silenzio vuoto di un giorno d’estate, io sono solo.
Ci sono attorno i totem densi di tutto ciò che ho amato: i visi, gli occhi, il suono delle parole dette o sussurrate…non cambia poi molto. Sono solo con tutto ciò che amo. Stare da soli può uccidere; può lasciarti svuotato come una buccia che si sostiene per caso finchè un colpo di vento più forte la fa cadere e ne mostra tutta l’intrinseca debolezza. Non mi consolo, non ne ho voglia, anzi non ho voglie, non quelle comunemente definite come tali. Ho sogni, sogni bellissimi e vasti come il mare, talmente perfetti da lasciarti sbigottito. In fondo vivo di sorprese: stare sul web è una di queste. constatarne i limiti un’altra, rendersi conto che la volgarità è da ogni parte intorno a noi, e che ogni giorno, inevitabilmente, soffochiamo nell’imbecillità diventa infine l’inevitabile conclusione. Io faccio parte di questa comune sconfitta, che la dichiari in buon italiano e serenamente non ne cambia i connotati, mi rende solo più ridicolo. Capisco ora veramente i termini di un “certo” problema, adesso gli insulti e le critiche mi suonano comprensibili; raccontano il disagio di chi non vuole arrendersi all’esercizio di una superficialità di comodo e pretende una comprensione che si rifiuta di concedere agli altri. Scriverò ancora, continuerò a farlo così come un vizio antico da cui non so liberarmi. Non è detto che risponda ai vostri messaggi… spesso non so cosa dire, perchè rispondendo a volte io perpetuo un rituale che rende risibile anche un’intuizione corretta: nascere è umano, perseverare è diabolico. Pare che io lo sia diventato.

lunedì 9 dicembre 2013

Due modi di pubblicare

Ci sono due modi di pubblicare. Uno prevede una moderazione totale, non solo creativa legata ad una pienezza di sè assoluta di cui l'altra piccola moderazione è solo un'appendice, ma anche funzionale costruita su interlocutori selezionati ad arte.
L'altro modo prevede invece il rischio di aprire e comunicare veramente, regalarsi e vedersi spesso metabolizzato il proprio pensiero in qualcosa di molto diverso dalla sua origine.
I commenti sono la vita e la morte di quello che scrivo, la mia liberazione filtrata dal mio sacrifizio di dovermi confrontare con sintassi e storie diversissime da me. Non sono elegante e disponibile, spesso me lo impongo perchè sento che la luce che ho intravisto nei miei sogni ad occhi aperti vi comprende tutti; donne, uomini, omosessuali,poeti e puttane, letterati per finta e artisti universali caduti per caso su queste pagine. Sono siciliano ho una cultura enorme e solitaria, condivisa col mare che mi abbraccia da ogni lato, sorrido a certe cose che mi scrivete battendo sul petto della mia porta senza sapere che sono già morto e resuscitato, che sono andato lontano e vi guardo da lì per non confondervi col mio imbarazzo.
Tutti voi assieme a me dovete afferrare l'altra lingua e la sintassi che le compete, quella del confronto cosciente e non dello scontro a difesa di qualcosa che è già trascorso proprio a causa di sciocchi e reiterati tentativi di imbalsamarlo. Si cresce assieme da soli si invecchia e basta.

domenica 8 dicembre 2013

Muoio ogni volta

Sono un marinaio che ha bruciato tutte e carte nautiche preso dal folle convincimento che i mari siano tutti uguali e identiche le rotte che lo attraversano. Ma io muoio ogni volta… quello che c’è prima, tutto il territorio che precede il momento clou è ciò che amo, la vera spinta ad una penetrazione che, a quel punto, diventa quasi ineluttabile.
Il collo nudo di una donna girato di fianco, la zona di confine tra la pelle delle sue cosce e le autoreggenti (odio i collant), mi eccita il probabile e lo avverto da lontano. Molto di più e al di là di quanto dicano i miei genitali o queste stupide parole. Il tallone di un piede uscito per metà da una scarpa o la cupola dei seni messi a respirare da una scollatura; questo è solo l’inizio e vorrei durasse all’infinito. Se guardo una vagina mezzo nascosta da un paio di mutandine la disegno con la mente: mi piace vederla semisocchiusa e in attesa di richiudersi sulla mia verga. Muoio ogni volta mentre faccio sesso questa è la verità. Consumo il mio vigore e disperdo con lo sperma la mia energia profonda e adesso comincio a sentire la fine sempre più vicina. Muoio sì, muoio, chi lo ha detto che il sesso è vita.
Io muoio perché cerco l’altro sesso, l’altro pianeta quello di cui mi sento cittadino ma senza più il passaporto per tornarci. Parlo per questo scrivo per l’identico motivo. Ti sfioro le tette come se scalassi un monte ma mi hai dato solo la vagina e adesso ridi perché quella parte apparentemente non ti si guasta mai mentre il mio bastone scivola veloce sulle sabbie mobili di una ricerca impossibile. Ti avverto… verrò da te ancora per dimostrarti che le grandi labbra non sono tutte uguali e ognuna parla una lingua diversa: proverai a nasconderti dietro qualche parola usata per stimolare la mia erezione, così la componente genitale della mia anima ti seguirà come un cagnolino. Poi la soffocherai tenendola lungamente in bocca ma aspetterai invano la mia gelatina vischiosa: dobbiamo fare un patto non scritto noi due: io ti do la mia metà di vita e tu mi apri la porta del tuo intelletto che io possa scoparlo e morirci finalmente dentro.

sabato 7 dicembre 2013

Casa Professa

Poi scrissi scendendo a patti con tutte le illusioni. ...
Fosse per me sarei ancora con fogli di carta e una penna in mano: nessuna tastiera e nessuno schermo se non il riflesso dei miei occhiali. Starei ancora in attesa di un’idea masticando pensieri un rigo dopo l’altro, con pigrizia, immaginando la vita come non è quasi mai e guardandola con lieta cupidigia quando ti passa accanto e ti lascia attonito davanti a tanta bellezza. Fosse per me sarei rimasto in questa città a metà strada fra l’Africa e L’Europa a domandarmi da che parte stare in un gioco sottile mai risolto. In fondo non mi dispiace camminare tra chiese barocche e cupole arabe, uno come me difficilmente troverà un posto fisso dove stare e digerire tutti i compromessi necessari per dire “ Qui mi va bene”.
Pasqua a Casa Professa in un delirio di volute, marmi a mosaico e finestre a vetri colorati: i santi e gli angeli mi guardano immobili con fredda cortesia, certi dubbi passati sono stati mal digeriti. Però mi domando: ma come si può vivere senza un dubbio, una contrapposizione, un’ombra? Come fai ad amare il sole se non dopo un corridoio oscuro?
“Buongiorno…scusi, ma lei non è il figlio del professore?” L’uomo che mi ha fermato con garbo è anziano, magro come una canna, adesso mi sta di fronte tenendosi il bordo del cappello per non farlo volare via. Ci scrutiamo quel tanto che basta, poi gli tendo la mano: “Cavaliere, è una vera sorpresa…si sono io, sono Enzo- ci sono due incontri contemporanei, due piani di ascolto e dialogo- Lei qui? Ma non abita in via Dante?” -Si ancora lì, sempre nello stesso palazzo…è che ogni tanto mi piace camminare. Non gli dirò le fesserie di rito, abbiamo poco tempo per sprecarlo in frasi fatte. - Cavaliere una volta mi dava del tu… Ride con gli occhi, ammicca e guarda in alto. - Sì, li ho tutti bianchi anch’io. E’ per questo che mi onora del lei, per farmi intendere che adesso faccio parte del circolo riservato? Ci stringiamo la mano con tranquilla energia promettendoci una decina di cose che certamente non faremo; d’altronde le poche che contano ce le siamo dette coi gesti e gli sguardi. Quelli sono molto più seri e sinceri, questi qua sono solo gli ambasciatori formali, gli indispensabili anfitrioni di un incontro. In Sicilia è quasi sempre così.
I cannoli sono squisiti e freschissimi: li passo in rassegna nella pasticceria affollata e penso che questo posto sarebbe un buon palcoscenico per la commedia che si recita a soggetto tutti i giorni. Quando esco dal negozio i profumi mi inseguono per un buon tratto, fino al viale, quasi volessero impedirmi di pensare.
Fosse per me avrei chiuso i contatti con la mia testa da molto tempo e avrei dato l’esclusiva ai sentimenti e alle emozioni. Ma il professore mi ha fatto studiare, d’accordo con mia madre, ed è per questo che non riesco a godermi un cannolo in modo acritico, una persona solo per ciò che è, una donna solo per come si muove, me stesso senza orpelli né parole. Sempre questa minchia di metafisica tra i piedi ! Anna deve aver chiacchierato spesso ed io devo avergli pure risposto, solo che adesso la risposta deve essere stata sbagliata. - Non mi hai ascoltato, vero? Ma dove te ne vai? Sempre il solito: tu in giro per i fatti tuoi e io qui ad aspettarti come una scema. Ride, per fortuna, oggi me la sono cavata. Poi si vedrà.
Viale della Libertà è attraversato da una brezza leggera, gli alberi sono ancora spogli. Fosse per me sarei rimasto qui a far finta di aspettare la conclusione di un amore: sarei invecchiato con alcuni fogli di carta e una penna in mano.Avrei scritto lì sopra la gioia leggera e vanesia che mi dà essere vivo da queste parti.

venerdì 6 dicembre 2013

All'inizio e alla fine

Dipende dai punti di vista e dall'angolazione della luce sui nostri sogni. Dipende dal momento, quello esterno che è di tutti e quello interno sconosciuto persino a noi stessi. Mi sento come un elemento di un flipper: un respingente elastico, quando la sfera lucida mi arriva addosso ne ricavo energia e poi la scaglio lontano come se non volessi sapere più nulla di lei. Qualunque prospettiva finora mi ha ucciso. Ho un'arma affilata in mano e dico di saperla usare bene: dipende.
La solitudine mi ha aiutato a combattere, mi ha difeso le spalle, acuito i sensi, illuminato gli angoli della mia esistenza, mi ha ingannato facendomi credere che ormai fosse in mio potere. Ieri sera l'ho afferata per la lama. La ferita è stata terribile come certi deja vu che ti fanno esclamare: tutto questo tempo in così poco tempo?


Sabine Weiss photo

martedì 24 settembre 2013

UN GESTO DI ARRROGANTE FOLLIA



 Marcel Duchamp, 1962 -by Marvin Lazarus photograph taken at the Museum of Modern Art, on the final day of the “The Art of Assemblage” exhibition in 1961. The inscription says: from my prison / for Lazarus the jailer / fondly / Marcel Duchamp, 1962


Dentro questi anni in rete c'è una linea di demarcazione netta, porta una data e un volto: dopo di allora niente è stato più uguale qui per me. Io non mi aspetto niente di particolare dalla blogosfera, purtroppo la rete ha dei limiti enormi, saperli identificare è essenziale ai fini di un corretto uso di essa. Ma non tutto è da scartare ne converrete: comunicare è possibile, crederci spesso è diventata una fede arbitraria ma rinunciarvi significa morire. La frattura che era nettissima nei vecchi blog con la loro scansione a "pezzi", visibilissima da un certo periodo in poi, nel gran corpo di quella sorta di BLOG-LIBRO che ho pubblicato qui e altrove è meno evidente, si stempera in uno spazio ideale e temporale che rende giustizia e MISURA ai miei furori. Sono un uomo, vero, in carne e ossa, ho compreso che su queste pagine posso deporre solo una parte del mio spirito, non è cosa da poco! Il riflesso che già vedo fa parte dello stesso ambito mentale e so bene che non gli si può dare un corpo: il consiglio è comunque valido perchè il rischio di trascendere è sempre presente. Quando leggerai tutto altrove ti sarà più chiaro... penso spesso in queste ore di aver esagerato, di pretendere troppo dai miei interlocutori, centinaia di pagine fitte di righe sono probabilmente un gesto di follia arrogante.
 













lunedì 23 settembre 2013

miliardi di righe



 Henri Cartier-Bresson, The Decisive Moment, American edition, dust jacket designed by Henri Matisse, New York: Simon & Schuster, 1952


Ho scritto miliardi di righe nella mia vita, milioni da quando frequento il web. Mi pongo il problema di cosa esse siano e dove vadano, mi pongo anche un'infinità di questioni che dalla scrittura partono e alla scrittura ritornano. Devo confessare che abbastanza spesso sono soddisfatto di ciò che scrivo ma capisco che il significato vero è troppo spesso relegato alla MIA dimensione intellettuale: nonostante la mia arroganza lo ritengo un difetto. Credo che resterà tale. Ho riempito negli anni la rete di miei blog che adesso dormono "spenti" in qualche angolo, posso risvegliarli quando voglio per scherzo, per noia, per diletto o per curiosità, penso che sia affar mio. Ultimamente ho trovato più utile scrivere all'interno dei commenti e i miei scritti "nuovi" si trovano quasi tutti lì; il blog è una strana creatura molto più duttile di quanto si possa pensare, nel contesto personale, che resta intonso se lo vogliamo, si inserisce quello pubblico, croce e delizia di noi tutti, pietra di paragone culturale ostica e micidiale in certi suoi risvolti. Sarà su quel terreno che si giocherà la vera partita di un blog, nel guardarsi in faccia, migliorare la forma del nostro pensiero e la sua espressività, confrontarla con gli altri, accettarne la diversità e difendere la dignità del NOSTRO sentire. In questo, specificatamente, io mostro spesso la corda e lo scrivo

domenica 22 settembre 2013

FUORI


Dean Goodelle, 1932 -by Edmund Kesting [I am still looking for a good ref. about the american dancer Dean Goodelle… if anybody has a lead…?] 
 [ref.: Edmund Kesting, Ein Maler Sieht Durch’s Objectiv (1958), and Klaus Werner, Edmund Kesting, Ein Maler, fotografiert (1987)]


Dico che sono fuori perchè non pubblico più un post nuovo da mesi, perchè non ne sento la necessità e non ne ho più lo stimolo. Guardo da fuori perchè non mi interessa piacere o dispiacere, oppure seguire la tendenza della maggioranza dei miei interlocutori: così sei fuori dalla blogosfera. Quando leggi e non commenti se non raramente, o leggi e stai zitto anche se il post ti piace perchè non credi più al valore del commento o temi equivoci, discussioni sterili provocate dal tuo atteggiamento senza peli sulla lingua…potrei continuare a lungo , quando ti ritrovi in situazioni di questo tipo significa che sei fuori.

sabato 21 settembre 2013

UNA VECCHIA E ABUSATA STORIA



A collection of images from Kahn & Selesnick’s new series: The Apollo Prophecies. Giornale Nuovo:

Mi piace quando qualcuno mi pone degli interrogativi: in genere sono ragazzi molto più giovani di me; mi fanno sentire “importante” ma cerco di moderarmi.
Faty tu scrivi troppo spesso “sull’onda” ma parlare è una cosa scrivere è un’altra, scrivere attiene alla riflessione e al pensiero perchè RESTA, si sa scripta manent e se quello che manent non è chiaro, proficuo…educativo sono guai per i posteri. La frase “se c’è un certo modo di intendere la vita, e se ci sono determinati non valori di qualcuno sarà anche la responsabilità, no? ” è una critica per me o una valutazione generica sulla mia generazione.? Andrò a leggere il tuo post nella speranza di comprendere meglio. Quanto alla colonna sonora credimi la rock etnofolk generation di oggi la conosco abbastanza bene, ho un figlio di 18 anni che suona, ma resto della mia idea: noi avevamo note veramente rivoluzionarie!
Ma tu mi chiedevi se ci siano soluzioni come se io fossi il GURU del momento e ne avessi qualche decina nelle tasche pronte all’uso! Sono convinto che le soluzioni ci sono ma si trovano sotto l’orizzonte e bisogna navigare. Non sarà certo una generazione di giovani e sciocchi depressi cronici a risolverli, non sarà insomma la brutta copia della MIA generazione che potrà sperare di restare a cavallo del mondo, così. Chi ha la mia età ha fatto, sbagliando più o meno, e adesso se dice di poter fare vi prende solo per il culo perchè usa SEMPRE IL SOLITO SISTEMA e quello non funziona; non vedi che anche se applicato con un abito diverso produce gli identici guasti? C’è violenza nel mondo: ideologica, culturale, sociale, fisica sessuale, ed è presente alla grande anche in quelli che hanno la tua età. E’ inutile che vi nascondiate dietro “l’irruenza giovanile”, dietro non c’è anagraficamente la tua generazione ma una molto più vecchia. Che vi prende per i fondelli e vi usa. L’Africa che sta sommergendo L’Europa è così per una violenza lucida e spietata nei secoli precedenti da parte nostra. si chiama colonialismo. E’ lo stesso sempre identico a quello dell’odierno Sarkosy e della sua elegante e glamour Carlà.
Il Parlamento, “aia per polli e galli ruspanti”, quello di Fini, Berlusconi, Di Pietro et etc… cosa pensi che possa produrre? Riproduce se stesso perchè è fatto per questa riproduzione continua: la politica come mestiere. Se ci entri e non cambi la testa ( è difficilissimo farlo soprattutto se si è in pochi) non cambierà assolutamente nulla. Io leggo il prodotto di queste nuovissime generazioni in rete…è mediocre, Faty, risibile, senza conoscenza ripercorre strade che sono abusate da un secolo e dinfatti il risultato si vede sui blog: uno sfanculamento totale ma almeno ai miei tempi la colonna sonora era migliore. Se permetti Led Zeppelin, Cream, Dylan, Creedence, Jefferson Airplane…Genesis… La soluzione è essere giovani giovane Blogger e usare solo la tua testa pulita, scrivere di quella, confrontarsi alla velocità dei bytes e non chiudersi, non chiedere aiuti pelosi ai vecchi marpioni (come me), ma aprire gli occhi ad un pianeta in cui abiterete voi soli perchè noi per fortuna saremo già trapassati. Se la vostra generazione oltre a usare il Pc saprà usare una testa Moleskine forse si avvierà verso una soluzione decente: così con queste tecniche rivisitate e non corrette è IMPOSSIBILE.

La prima stazione

Non soltanto del cielo dal colore inconsueto e inciso dal profilo delle palme dovrei dire; anche lo spessore dell’aria, gli odori e i rumori vicino ai mercati popolari disegnavano un mondo del tutto nuovo da esplorare. Di fatto, senza rendermene conto, cominciavo a dare al tempo un ritmo e un valore diversi da prima. Chi l’avrebbe mai detto!
Credevo di conoscere quest’isola e quella città fin dalla mia infanzia ma era una conoscenza limitata,da turista , appassionato certo, ma turista con tutte le limitazioni del caso. Adesso potevo fare diversamente: viverci dentro un contesto e scavarlo dal di dentro , le occasioni per farlo mio sarebbero state infinite. Dovevo solo limitare il coinvolgimento ad un passo prima del connubio definitivo, pensai allora, questo per mantenere una lucidità di giudizio degna di un viaggiatore di lusso perchè tale mi ritenevo. Fare l’amore con distacco, in punta di piedi, non coinvolgermi, essere l’esatto contrario di quel che ero e sono! I gelsi neri cominciano a poco a poco a diminuire nel piatto e io sorrido pensando al numero di sciocchezze che si partoriscono da giovani, alla quantità di proclami e posizioni “imprescindibili” assunte attorno ai ventanni. Palermo fu altra cosa e mi bastonò per bene. Catania mi guarda impassibile, forse vuole benevolmente evitare d’uccidere un uomo morto. Comunque e dovunque io sono sempre stato invischiato in cento problemi , legato fino in fondo ai miei errori , alle mie debolezze , alle vittorie effimere colpevolmente scambiate per trionfi dorati.
Questo pensiero mi dà una leggera vertigine: come le scatole cinesi un’idea ne apre subito un’altra e un’altra ancora…Ecco fatto! Sono riuscito a sporcarmi. E’ bastato distrarsi un attimo correndo dietro ai miei pensieri ed una piccola macchia tonda, violacea come un bubbone si è aperta sulla camicia. La sfioro con le dita quasi debba sincerarmi della sua consistenza…e così il gioco è completo perchè le dita sono color inchiostro per aver maneggiato i gelsi. Adesso la camicia sembra la reclame di un film sulla mafia dei primi del ‘900 oppure quella di un horror di serie B. Il succo dei gelsi è quasi indelebile sui tessuti e quindi sì nun sugnu fissa io, dumani nun agghiorna! Incredibile ma vero, faccio a 50 anni gli stessi spropositi di movimento di, quando ne avevo dieci , deve trattarsi certamente di un problema genetico , una specie di malattia motoria dalle cause sconosciute . Nell’intimo sono distratto e goffo, cerco di non darlo a vedere, ma capita spesso e nei momenti meno adatti. La rabbia che mi faccio adesso è certamente esagerata per il motivo che l’ha prodotta eppure mi danno lo stesso dandomi dell’imbecille e giurando a me stesso che sarà l’ultima volta che accade e l’ultima camicia che sacrifico. Di prime e d’ultime volte ce ne sono state troppe nella mia vita: alla fine le une e le altre si sono eliminate a vicenda. E’ rimasto solo quest’uomo che osserva il tramonto dal balcone con la camicia sporca e le mani imbrattate, solo questo.
La colonna sonora non ha niente a che vedere con la pace austera del momento: decine d’automobili starnazzanti stanno facendo del loro meglio per far diventare più nevrotica la città; in certe ore si danno tutte convegno lungo questa strada con i loro omini alla guida e vanno o perlomeno cercano di andare da qualche parte. Io invece da un po’ di tempo mi sono fermato. Pare che alla fine capiti a tutti e senza preavviso. I clacson delle auto sono diventati distanti ma il motivo non è un’insperata buona creanza dei catanesi al volante; la causa vera di questo silenzio ovattato e innaturale è la conseguenza di una lunga rincorsa. Ed io finalmente capisco dove sono giunto stasera e perchè la sensazione del tempo ora ha questo sapore speciale: sono alla prima stazione dell’inventario della mia esistenza. Per qualche tempo il treno si fermerà qui, non so quando ripartirà ma in fondo non mi dispiace. E’ un luogo molto particolare e voglio respirarne l’aria fino in fondo con una calma che non mi è consueta; sento che qui non puoi nasconderti niente. Così ho deciso di sedermi su un’immaginaria panchina e ricordare. Ricordare bene e con attenzione perchè il tempo trascorso è tale e tanto da sfidare le capacità della mia mente a non farsi travolgere dai miraggi e dalle illusioni. Lo smarrimento di prima ritorna, insistente: questa stanza e questa città sono tutt’altra cosa dalla storia che voglio raccontare, sono la valle solitaria e lontana dove lascerò le mie ossa, il cimitero dove finiscono i dinosauri come me orgogliosi fino in fondo della loro inevitabile immanenza. Guardo fuori dal balcone e tremo un poco, solo un po’: questa idea della morte e dell’inevitabile fine fanno a pugni con i colori gloriosi della sera che sta rapidamente calando sulla baia d’Ognina. Mi accorgo improvvisamente che non sopporto più né la casa né i gelsi, che ne ho piene le tasche di tutto e tutti.

venerdì 20 settembre 2013

Fernanda Pivano



Fernanda Pivano con Heminguay, anni 50

«Con molto dolore per i morti e per la tragedia devo dichiararmi perdente e sconfitta perchè ho lavorato 70 anni scrivendo esclusivamente in onore e in amore della non violenza e vedo il pianeta cosparso di sangue» ( F. Pivano)
 Riprendo in mano i vecchi automatismi e mi sembra un secolo: ancora parole, di nuovo segni su queste pagine e stavolta sono per me. Sono per dire che la mia generazione se n’è andata definitivamente ieri. Andata, non morta, ma certamente ha passato la mano quando Nanda Pivano ha cessato di vivere. Tutta la letteratura di quella che Kerouac chiamò la beat generation, tutto lo scrivere nuovo e segreto dei miei sedici anni, tutta la mia anima sull’orlo delle labbra è passata nell’opera di questa donna. Chi potrà mai descrivere il senso di sorpresa e totale identificazione alla prima lettura di Hemingway o di E. Lee Masters, come posso comunicarvi il commosso smarrimento al primo e ormai lontanissimo ascolto del disco di De Andrè ? Nessuna traduzione servirebbe. I sogni in verità non muoiono, si nascondono quando l’aria o l’età diventano pesanti; ma la mia generazione adesso passa la mano, si raccoglie nel parlare tenero e assorto dei suoi ricordi bellissimi e liquidi. Altro non può fare, non deve fare. Ciao Fernanda. “Non ho fatto niente per arrivare a 91 anni, un giorno mi ha detto che li avevo” Ritengo che la medesima cosa stia succedendo a me: la mia età cresce a dismisura e senza ritegno. Lo fa anche contro quel minimo di decenza che il mio aspetto generale vorrebbe far credere: sto per finire e la conclusione è dietro l’angolo beffarda. Sono io che mi fingo e discuto in modo apparentemente tranquillo del mio trascorrere: dico non ho finito e non so nemmeno se è una bugia.

SOTTO I CAPELLI


Più in la non riesco ad andare e comunque non ho nessuna memoria Dei giorni prima del 15 ottobre 1960 non possiedo che ricordi sfilacciati, vaghezze con alcuni lampi fortissimi in mezzo ad una nebbia senza confini. Il fortissimo trauma cranico di quel pomeriggio lontano giocando con i ragazzini in un oratorio del centro, si è portato via tutto o quasi. La mia vita ricomincia il giorno dopo in una corsia d’ospedale: apro gli occhi e sento di avere la testa fasciata e di percepire un ronzio diffuso, il viso di mio padre e mia madre è la terra promessa. Prima viveva un altro Enzo ma se n’è andato giocando in un cortile di Milano: Di quel bambino mi son rimaste alcune cose isolate: la gioia per alcuni palloncini in via Dante a Milano il colore del vecchio mobile nella casa della nonna nell’antico paese siciliano, l’odore penetrante di stallatico del carretto su cui in estate attraversai la Val di Mazara… Il senso di mare una mattina quando scoprii le orme dei gabbiani sulla spiaggia e il sole era già alto. Il rumore del vento dolce dall’Africa fra le colonne doriche.
Quell’Enzo non ha altra memoria di sé. Questo post c’è anche perché quel pomeriggio d’ottobre Don Filippo si caricò sulle braccia un bambino con la testa piena di sangue, lo caricò sopra una seicento e lo portò in ospedale in tempo. Mamma dice però che la notte prima il Signore si spaventò perché mio padre gli disse che poi doveva vedersela con lui se io me ne andavo; sorrido ancora oggi quando ci penso e mi carezzo con la mano la cicatrice che sento, nodosa come una radice, sotto i capelli.

giovedì 19 settembre 2013

POST MERIDIEM FT

Tokoha Matsuda Untitled (Falling Leaves) 

Sono sempre troppo cinico e poco propositivo? Racconto un’ipotesi di realtà che vedo solo io? No, si tratta di realtà nuda e cruda a 150 anni dall’Unità; il cinismo nasce dalla profonda delusione di un’Unità di comodo, esclusivamente letteraria, senza nerbo e senza popolo. Napolitano e gli altri fanno finta di non sapere che questa Unità di cui tanto cianciano ha fatto più ricco il Nord e ridotto il Meridione ad una colonia amministrata prima dai Piemontesi, oggi dai mafiosi o da tangentari ante litteram che fanno solo incetta di denaro. Nel mentre dal palco proclamano che il sud, l’immigrazione clandestina, la solidarietà nazionale(!!!), la crisi economica… sinceramente pare che 150 anni siano passati invano. E Umberto Bossi con il ghigno sempre più obliquo pensa agli affari della Padania. Questo è un paese in cui, fatta eccezione per pochi, la cosa pubblica diviene cosa privata; in cui gli scandali economici hanno come inspiratori governi e uomini politici; in cui la piaga del trasformismo è diventata una creatura perfetta e quindi la destra non ha alcuna remora a divenire sinistra e viceversa. Tutte le sere guardo arrivare la sera e sogno il Gattopardo ma vedo passare solo gli Uzeda. Non c’è nessuno tra le fila del PdL o del Pd o dell’ IDV etc. etc. che somigli anche lontanamente ad un Giolitti e non c’è nessuno che abbia la coscienza storica che quando egli abbandonò il suo incarico di primo ministro non vi fu più nessuno in grado d’arrestare la marea montante del fascismo. Tutte le sere attendo che muti il colore del cielo e le palme si disegnino scure contro il cielo della mia città: se penso a Berlusconi o a Bossi sorrido. In fondo queste strade e l’aria che vi si respira restano quanto di più vicino ci sia al mio sogno; sorrido pensando alle dinamiche storiche e sociali che hanno attraversato questa lunga penisola e non sono poi certo che la mia visione “dal basso” sia scomoda. Attendo altri proclami, altre prese di posizione e penso a Valentina che mi dice cose terribili con un sorriso ammaliante. Non so cosa mi sia successo e non so neanche quando sia successo ma sorrido anche al pensiero degli anonimi e della stupida querelle che essi hanno innescato su questo e altri blog nel corso degli anni Tutte le sere attendo la sera: prima o poi verrà la notte e dunque un altro giorno con un sole chiaro, netto, caldo. Siciliano. “Un caffè, per favore”- Subito dottore.

LA MIA ASSE D'EQUILIBRIO

Ivan Terestchenko’s latest works 

Nella Milano del 1970 io camminavo su un’asse di equilibrio sottilissima: al di qua e al di là non c’era nulla che io amassi veramente, nulla di cui potermi fidare ciecamente, c’ero solo io e la mia asse di equilibrio. Dei miei compagni di strada sta svanendo anche il nome: dalla primavera del 59 ad ora delle loro traettorie è restata solo una scia indistinta Ne scrivo per questo, per fare la differenza. Ma allora e per un po’ di anni ancora io parlavo e basta, scrivere era solo un voto alto in pagella. Mia madre conservava i temi che facevo: li metteva in una cartelletta verde che nascondeva gelosamente. Le chiesi un giorno perchè lo facesse e mi rispose: “ Perchè ciò che si scrive è una persona, è il suo spirito”, poi mi baciò e tanto mi bastò. Per lungo tempo. Fu Tiziana dai capelli rossi a spiegarmi la differenza…e la sua spiegazione mi parve molto diversa da quella di mia madre e mi piacque di più. Oggi so che erano la medesima cosa…

DIFETTI


Alfred Eisenstaedt - A visitor contemplates a sixteenth century fresco - Providence by Giovanni Sogliani - in the refectory of the Dominican Convent of San Marco, Florence, Italy, 1935 From Eisenstaedt: Remembrances

E’ difficile per me spiegare a parole la sensazione che mi accompagna da tantissimi anni, E’ vero soffro di solitudine ma è altrettanto vero che fin dall’adolescenza c’è una parte della mia vita che io non posso che viver da solo. Intellettualmente nella sfera di certe emozioni e di certe riflessioni IO SONO SEMPRE STATO SOLO, ogni volta che ho tentato di uscire dal guscio mi sono sentito a disagio come se fossi forzato in una veste che non mi apparteneva. Ho un brutto difetto, non mi arrendo mai. Nemmeno quando sarebbe la cosa migliore da fare.

mercoledì 18 settembre 2013

Fermo così: citazioni

artisticmoods: Carine Bouvard

Giochiamo quindi e allontaniamo la morte da noi, rimandiamola ad occasioni più serie, a quando non tireremo più voluminosi testi di greco sulla testa dei nostri interlocutori. Mentre scrivevo pensavo al mio vocabolario di greco: un ponderoso Rocci che probabilmente ti avrei tirato dietro di rimando se fossi stato un altro da quel che sono. E mi viene da ridere e dura poco però perchè io in quella soffitta mi ci sono accomodato, i gradini li ho saliti tutti e mi sono accorto che nemmeno così si chiude il cerchio della vita.
Che gli estremi, dopo essersi toccati, rimbalzano via lontano, l’intelligenza non paga, non abbastanza da modificare il tratto col quale tracciamo il cerchio. “La cura delle emozioni sfibrate e logore è solo nei gesti precisi e senza scampo” dicevi tu ma sono sicuro che quei gesti non li fai o almeno non con la dovuta precisione, è un gioco anche quello, una cosa seria. E’ già la seconda volta che ti cito, la situazione sta trascendendo: dovrò preparare un piccolo prezioso libro di massime e citazioni tratte dal tuo testo base? Vado spesso il libreria, è una sensazione orgiastica, ma tra le tanti amanti che sono entrate e uscite dalle loro soffitte nessuna ha la tua “sfibrante” verità ( terza citazione). Fermo così.

Il primo

Design: Timothy Hull

Dipende da molti fattori. 
Certe volte quello che hai dentro è troppo ingombrante e tracima dal tessuto della tua riservatezza anche contro la tua volontà. Altre volte invece la scrittura è un rito operato contro la solitudine del tempo, in altre occasioni ancora si scrive perchè si è convinti di non aver detto abbastanza e abbastanza chiaramente. Io ho utilizzato tutte queste ragioni ma c’è chi sa perfettamente che i miei blog sono ormai solo una testimonianza e che tranne rarissime eccezioni contengono righe già scritte in anni precedenti.

martedì 17 settembre 2013

Sconveniente

Per certi versi credo che la mia possa ritenersi un’idiosincrasia o un blocco mentale. Ma devo sempre tenerne conto. L’atteggiamento dell‘islam nei confronti della cultura generalmente intesa (letteratura – musica – pittura – etcetc) non l’ho mai digerito. Lo stesso dicasi per quello sul mondo femminile.
Non sono mai stato l’uomo che è capace di sorvolare nell’ambito di “più ampie e nobili prospettive”, nelle assemblee e nelle discussioni di una vita non digerisco la propaganda, l’ideologia pelosa e fine a se stessa, le adunate oceaniche e i trend di stagione.
Amo il confronto senza remore e LA RECIPROCITA’. 
Quest’ultima alla fine è diventata un handicap insormontabile per abbracciare in toto le idee che la sinistra in generale porta avanti da 30 anni nel mondo. Non mi è possibile leggere o ascoltare discorsi sul confronto o scontro di civiltà provenire da pulpiti capziosi e scorretti intellettualmente; non posso più ascoltare la negazione di fatti evidenti o della logica più banale. Io NON amo la cultura occidentale che mi ha generato con i paraocchi e so bene quanti roghi si sono accesi nel vecchio continente dal medioevo in poi: io non voglio ritornare a quella stagione dell’umanità, voglio leggere tutto e di tutto, voglio continuare ad ascoltare la musica del vecchio e del nuovo continente, voglio ammirare senza vergogna i maestri del rinascimento italiano, commuovermi davanti ad un Tiziano o un Raffaello o un Caravaggio o davanti ad un cupola del Bernini. Voglio che il frutto dell’intelletto umano generato in questa parte di Europa, che ha prosperato e si è diffuso su questo mondo continui ad illuminarlo e non accetterò mai per convenienza politica o ideologica il mercimonio e la sudditanza nei confronti di altre culture.
Io rispetto non per patito preso ma per analisi e riflessione. La convenienza non ha mai fatto per me sui blog e fuori.

La sintesi come una malattia

Stimolato da un quid in più nella scrittura che incontro divento attentissimo e ruvido, analitico oltre misura e scomodo: spesso trovo indoli più scomode della mia e amen.  La levità come l’ombrosità, la luce e lo scuro non sono difetti in sè, dipende da altre circostanze farle diventare una cosa piuttosto che un altra.
Io rispetto tutto quanto è rispettabile anche se diverso da me, ho trascorso una vita a contatto con “le differenze” da me, il web ne è solo l’ultimo esempio; c’è chi ritiene la rete inadatta  a UN CERTO TIPO DI LUNGAGGINI io no, non obbligatoriamente, non vedo dove sia il problema, ognuno scrive come può e come sa e c’è spazio per tutti. Personalmente non amo il tipo di web- chat che inizia a diventare sempre più presente… Io riesco a concentrarmi e dilatarmi, tu forse no.

SHOAH

Ci sono molte shoah, di alcune non sapremo mai nulla, di altre sapremo qualcosa in ritardo. Come vivo la schizofrenia tra l’abisso di male e di bene del genere umano? Io credo di non bastarmi intellettualmente e questo è il motivo principale per cui le commemorazioni mi stanno strette. Troppo.

Blog

Blue by Derek Jarman

A che serve un blog signori? 
Ognuno scrive quel che sa e può, Io scrivevo per commuovere nel senso latino del termine; cercavo di farlo perchè ero a mia volta smosso nell’animo, scriverne mi liberava, mi libera. Questo era il blog per me. Questo è quel che resta di me, forse di noi, una commozione.

lunedì 16 settembre 2013

Ostacoli

E. Schiele: Danae
Sta diventando sempre più difficile tutto: 
I COMMENTI e le teorie interpretative da cui scaturiscono sono sempre più spesso “fantasiose”. Da parte mia la scelta di defilarmi e usare il mio tempo sul web in altro modo è confermata; le relazioni virtuali che nascono dalle cose che scrivo arrivano a distanze stellari dalle loro premesse! O sono false quest’ultime o c’è qualcosa di intimamente errato nelle loro dinamiche. Meglio lasciar perdere e allontanarsi dal grigio.
Noi come generazione di blogger siamo al novanta per cento dei cafoni virtuali senza speranza e senza cultura, Dirlo, riconoscerlo e darsi da fare per imparare qualcosa è il primo indispensabile passo. La musica, per uno che ha fatto il DJ per 10 anni è un altro modo di scrivere un post.

Una cultura egemone

 Il problema della sinistra è quello di ogni cultura egemone, essa difende se stessa a spada tratta comunque, non può e non è capace di sollevarsi su prospettive più ampie e profonde perchè rischierebbe di dover tirare fuori certi SCHELETRI dal proprio armadio dopo una vita passata a negare di averne mai avuti! Negli ultimi 20 anni la sinistra ha difeso l’islam per crocifiggere Israele, ha difeso ( almeno ha giurato di farlo) il proletariato mediorientale dall’arroganza imperialista americana, che nel farlo facesse passare sotto silenzio tutto il pacchetto che va sotto il nome diritti civile femminili e dignità della donna era ed è un FATTO SECONDARIO e come tale esso deve inchinarsi a ragion di stato particolari che hanno le loro radici in equilbri che sono squisitamente politici e non etici o umani.

Intoccabili...

Io non generalizzo quando vedo la giornalista molto sicura di sè parlare in un collegamento televisivo da Teheran col velo in testa e, due settimane dopo, discutere di rapporto uomo donna nella cattolica Italia su uno sgabello con gonna corta tacco 15, cosce in bella vista e trucco perfetto;
non generalizzo quando non vedo manifestazioni dure davanti alle ambasciate dei paesi islamici dopo una delle tante lapidazioni di piazza dell’adultera di turno da parte delle ragazze dei centri sociali o da parte dell’intellighentia progressista che vive dentro le redazioni del Manifesto, Repubblica o MIcromega.
Non generalizzo quando vedo simpatiche donne rosse, molto più del loro sangue arterioso, discutere ed enfatizzare la bellezza dell’estetica islamica ( magari dimenticandosi di accennare al Sufismo) della cultura mediorientale, quando le sento andare in orgasmo per la delicatezza e l’importanza della donna nella cultura araba.
E’ una vita che vedo e sento queste cose: sul web è praticamente la norma, molte mie interlocutrici donne si sono manifestate a questo modo, molte altre le sento discutere in giro, scrivere sui blog, parlare nei circoli o fra loro e le sento dire a morte lo sciocco e limitato uomo occidentale evviva lo sceicco con dodici concubine che però sa capire le donne e se le scopa come si deve. Che poi, purtroppo è questo quello che conta, finchè conta e dura, dopo vengono i problemi… quelli stessi che c’erano prima ma che erano coperti da un pene in erezione costante e da tanta gentilezza che si esprime nel ” lui sa farmi sentire importante e unica”.  Però la totalità dei problemi drammatici che nascono da quasi tutti i matrimoni misti fra una donna occidentale e un maschio islamico hanno questa incompatibilità alla base. I figli sono miei e li gestisco io, tu diventi di religione musulmana, si fa come dico io e se mi rompi i coglioni prendo i bambini e me li riporto in oriente che lì sanno come si fa! Generalizzo? Io non credo, è più probabile che io dica cose scomode che intacchino certe sicurezze costruite da un sistema di dominio culturale a senso unico; anche le mie sicurezze andarono a farsi benedire alla fine degli anni 60, non sono resuscitate mai più. I rapporti più soddisfacenti li hanno gli uomini “tosti” le simpatiche canaglie, non certo gli intellettuali dubbiosi e fuori dal coro, quelli che pensano prima al senso del loro rapporto con quella donna e dopo alla tecnica giusta per farla godere.
Se tocchi la sinistra sei fottuto? Ma pensi davvero che un uomo come me alla mia età dopo una vita trascorsa nel tentativo di sopravvivere (anche a se stesso) può essere realmente interessato a questo argomento? Il mio blog è l’esempio perfetto di ciò che NON SI DEVE FARE se vuoi stare tranquillo e protetto dal gruppo dominante, tu lo sai bene.

domenica 15 settembre 2013

Adesso è tutto più chiaro

Non ho intenzione di darti torto, non voglio contestare la tua idea di base, voglio dirti solo alcune cose che tu in gran parte conosci. Io mi innervosisco spesso, tu lo intuisci perché hai sangue e arterie simili alle mie e ti adiri come faccio io, adesso forse in modo diverso perché sono accadute alcune cose di spessore diverso e ci hanno insegnato priorità diverse.. Non garantisco nulla vorrei solo che chi legge questo blog possa almeno in parte capire da dove vengono certe mie assenze, da dove traggono la loro linfa certe malinconie crude e inutili. Quando si vuole guardare il profilo del mare della vita e si è continuamente infastiditi dal coglione di turno che si piazza davanti possono saltare i nervi. A me sono saltati. La blogosfera ha in sé anche la sua fine, il germe del suo annullamento, che io lo dica e lo ricordi non credo sia un male in assoluto. Probabilmente non è nemmeno un merito particolare ma solo un modo poco originale di invecchiare. Io non riesco quasi mai a capire qual è l’idea di base di molti blogger. Sono arrivato alla conclusione che spesso noi non abbiamo nessuna idea iniziale e aspettiamo di averne una nel divenire, molti di noi aspettano ancora…ma non lo ammettono. Io scrivo un diario con grandi asimmetrie temporali, lo faccio con passione, con tutta la cultura e la vita che ho ricevuto, lo faccio con onestà ma non posso e non voglio snaturarmi, la mia personalità è il mio blog, senza la mia indole io non sono nulla.

Un treno diretto

 Photo by Danilo Martinis
Questo è diretto, è un treno su cui io ho sempre viaggiato a sbafo, poi arriva il controllore e mi fa scendere senza tante storie; io, che sono un ragazzo educato, obbedisco e ricopio in buon italiano i miei compitini.
Col tempo mi sono accorto che, in fondo, posso giocarci bene con le parole, dipende dall’umore del momento e da quello di chi legge, dipende sempre da troppe cose. Io credo di essere io in qualunque cosa scriva e che infatti si riconosce subito, c’è la firma credimi, una come tante altre.

sabato 14 settembre 2013

Pieralvise

Vision One by Damier 

Ti ricordi di me, Pieralvise? Io non dimentico quella mattina di maggio quando mi accompagnasti dentro il conservatorio G. Verdi di Milano.
Avrei dovuto farti da guida per i tuoi occhi spenti…che sciocchezza, tu vedevi meglio di me ed eri nel tuo regno. Gli spazi erano grandi e severi, riflettevano il senso di un mondo a parte, come se, varcata la soglia, la città fosse sparita, rimasta indietro e sempre più lontana.
Sale, corridoi, grandi porte e un sentore di legno diffuso ovunque; da punti indefiniti giungeva il suono di voci o di strumenti musicali. Io rivedevo i libri in braille di un’ora prima sulla tua scrivania, cercavo di capire come facessi a vedere il mondo attraverso le dita e la pelle…
La musica, quella non era un mistero per me, era una lingua immediata, la traduzione istantanea di un’emozione. Perfetta e per sempre: ma tu camminavi tranquillo volgendo lo sguardo che ti mancava attorno e mi dicevi cose che non avrei mai immaginato.
Poi ti sedesti al piano e abbiamo parlato a lungo senza aprir bocca. Eri pieno di luce, il viso rivolto verso l’alto mentre le mani lunghissime e bianche sfioravano la tastiera.
Sorridevi e la musica… Dio mio, la musica ci attraversò per sempre, bella come non l’ho mai più udita. Ma una volta può riempire un’intera esistenza. Una volta chiude parentesi che sospirano una fine dignitosa, completa il sogno in un attimo breve. E scompare lasciandoti solo la scia della nostra eternità.

Il mio sud

La vera ragione dello scrivere in modo tanto “localistico” di fatti generalizzati nasce dalla arrogante convinzione che dentro quest’isola vi sia, non meno di altri luoghi, la ragione e la forza di un’energia non solo italiana ma europea tout court.
 Non perché ebbero a dirlo persone del calibro di Goethe ma perché la letteratura e l’arte europea, in alcuni snodi fondamentali, sono state siciliane. Il metafisico poi e la particolare fusione di umori generati da una posizione e una storia al centro di un mare come il Mediterraneo sono solo un plusvalore che ciascuno può gestire come vuole; la poesia e l’assoluto che ne discendono non sono certo programmabili, sono, punto e basta. L’ho detto, in privato e lo ripeto qui: per un siciliano è facilissimo isolarsi e volgere lo sguardo alle infinite fascinazioni che può scorgere verso il mare.
Solo una voluta e consapevole idea di Stato comune può mutare questo habitus mentale e spostare il baricentro verso il nord, oltre lo stretto. Fuori dai denti, io ritengo che l’italia del Nord dovrebbe ritenersi onorata di avere compreso nel suo territorio la Sicilia: solo una visione piccola e mediocre, culturalmente micragnosa, può guidare un atteggiamento tanto sdegnoso e superficiale verso la terra su cui sbarcò Giuseppe Garibaldi.