A GINA, quello che ogni donna dovrebbe essere per un uomo, il suo alter ego


lunedì 5 agosto 2013

Un'unità disattenta

 Tra anni fa scritto sullo stimolo di WILLYCO

E’ il federalismo la panacea che ci viene proposta ogni volta per ammansire gli “stupidi istinti cafoneschi o interessati” di chi parla di separazioni e distruzione dell’unità nazionale.
Alcune considerazioni sull’Italia, la sua unità nazionale e il suo divenire le ritengo precise e serie. Per certi versi potrei appoggiarle in toto e percorrere insieme a chi le propugna la strada verso una composizione di sentimenti e di desideri “generali” che una parte di me in fondo desidera fortemente. Ma è una situazione altamente instabile perchè abbiamo alle spalle un’unità nazionale costruita male e vissuta peggio.
Alcuni concetti mi  piacciono parecchio, uno su tutti: la valutazione precisa sul significato di questo federalismo che ci viene proposto e la preveggenza del prossimo futuro che esso porterà con se.
L’analisi di un federalismo possibile e “riuscito”, quello tedesco, soffre a mio parere di una valutazione di fondo che manca: quella per cui i tedeschi sono ed erano già da secoli Nazione, ben prima che il bisturi delle esigenze diplomatiche e degli equilibri internazionali postbellici spaccasse la Germania in due. Non ho mai sentito un tedesco o un inglese o un francese parlare della propria terra, soprattutto nei momenti che contano, in termini spregiativi: questo avviene spesso invece da noi.
Pare si debba fare a gara per sputtanare l’Italia e puntualizzare che c’è sempre una parte che non vi appartiene ( sociale, politica, genetica) ed una invece che, ben localizzata, la rappresenta a fatica nonostante l’altra. Non è una mia impressione bada bene, basta infilarsi in un bar di Bergamo, Varese, Cuneo, Treviso….prendersi un caffè e porgere orecchio: ci sono 2, 3 forse 4 Italie ed una è l’unica che conta e ne ha piene le balle delle altre!
Questo è un fatto. Inequivocabile. Con un’ideologia precisa costruita ad hoc, propugnata in parlamento e, soprattutto, nelle strade e nelle piazze sopra un certo parallelo; non è una questione politica in senso stretto, è un umore diffuso e, pare, incoercibile. 
Di questo si DEVE tener conto altrimenti ci arrampichiamo sui vetri che è poi quello che abbiamo fatto per 150 anni.

Poi c’è il sud, quello mio, quello di cui ti sorprende il silenzio. Io leggo con attenzione estrema quello che scrivi: “ Forse i sensi di colpa per il troppo ricevuto senza risultati, forse l’eterno ricatto del voto che vanifica qualsiasi decisione, oppure, peggio, l’incapacità culturale di proporre una propria via reale alla crescita…. dove il federalismo esiste già perché c’è stata una autoriduzione in un ghetto di sussistenza assistita… Le schiene dritte… impegnate nella lotta alla criminalità, nel buono della politica locale, nel quotidiano più difficile quando ci sono le mafie e lo stato è distante. Una resa dell’intelletto e della capacità di creare il proprio futuro comprensibile, ma francamente disarmante.” La verità, anche se parziale, fa sempre male ma non basta a farmi chinare il capo davanti al tuo metaforico dito alzato. Il sud era Stato e fu annesso, depredato, seviziato e annesso da un altro stato che era in bancarotta. Cavour non conosceva bene l’italiano e non amava certo l’ideale unitario, moralmente ed eticamente la sua posizione non era diversa da quella dei gattopardi meridionali di F. de Roberto.
Spero che tu voglia concordare con me che l’idea di Italia come patria comune era al sud come al nord sconosciuta alla gente comune, NON ESISTEVA altra patria che quella delineata dal confine regionale o addirittura meno vasta. L’ideale , il principio alto e nobile di qualcosa che ci tenesse uniti era un vezzo da salotti colti e testi dotti. Tenerci insieme solo perché una ristretta cerchia di intellettuali, la stessa di ora, lo voleva o ci credeva o le conveniva, fu un artefatto.
I primi 15 -20 anni di Nazione unita grondano del sangue dei “briganti” massacrati in tutto il meridione: decapitati loro, stuprate le loro donne, rasi al suolo interi paesi sotto l’alto comando di quel criminale del Generale Cialdini! Quando tu scrivi – “ Una resa dell’intelletto e della capacità di creare il proprio futuro comprensibile, ma francamente disarmante.” – io penso che lo dica perché non sai o non hai riflettuto: il Sud è stato svuotato di energie, denaro e lavoro. L’emigrazione biblica è iniziato dopo la caduta dei Borboni, dopo che tutte le attività economiche del Sud furono spazzate via da interessi in altre zone della penisola: a quelle fu dato slancio al resto le briciole. Il nord ha trainato perché aveva combustibile e una buona parte iniziale era il denaro del Regno delle due Sicilie, razziato oltre il limite del pensabile, ovunque e comunque; dov’è la resa dell’intelletto? Quale intelletto? Quello di emigranti analfabeti che sotto i borbone campavano e dieci anni dopo dovettero andare oltreoceano per non morire di fame sotto lo stemma dei Savoia? Oppure l’intelletto di mio nonno, mio padre, mia madre o il mio, usato al servizio di uno stato civile come medico o avvocato o professore o operaio?
Il mio Intelletto vale quanto quello di qualsiasi italiano, se qualcuno ne dubita allora il mio VALE DI PIU’. Questo stato si è arreso, alla mafia come alla Lega; non mi ridarà il tempo e la vita persi a cercare e custodire un fuoco che si è spento, non pretendo questo ma ciò che si è speso in termini organici di sudore e sangue non metaforici non può essere liquidato con una frase come “disarmante resa”.
Certo In questi 150 anni la storia che è stata insegnata nelle scuole del Regno e della Repubblica è davvero diversa, la conosco bene, l’ho studiata anch’io e in storia avevo nove: il pensoso e ascetico Mazzini, il fine e colto Cavour, Garibaldi col cuore oltre la trincea, e poi d’Azeglio, Mameli, Sciesa, un infinità di piccole vedette lombarde, distese al suolo e ricoperte dal tricolore.
C’è una piccola statua a Palermo, dentro il giardino Inglese, raffigura la piccola vedetta lombarda e sotto sul piedistallo sono incise le parole di De Amicis “ Dormiva avvolto nel tricolore…i soldati passando gli lanciavano un fiore…” Mia madre da bambino mi portava là davanti e mi parlava del Risorgimento e dell’Italia unita, conoscevo a memoria quella e altre storie, pensate sia solo un ridicolo struggimento? Credo che molti di voi lo pensino. Eppure dentro la falsa e agiografica storia che mi avevano insegnato c’era il delicato meccanismo che mi ha fatto credere a valori più grandi per i miei primi 40 anni. Il meccanismo si è rotto davanti ai governi della Repubblica fondata sul lavoro ( quale?) e guidata da interessi ad alta velocità e con la erre moscia, con ministri col fazzoletto verde e un’opposizione disposta a pulirglielo se Berlusconi viene silurato. In queste dinamiche nord e sud possono darsi la mano. Io da siciliano voglio ben altro. Non l’avrò.

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Ciao Gina mia