A GINA, quello che ogni donna dovrebbe essere per un uomo, il suo alter ego


martedì 3 settembre 2013

THE SUMMER OF '68


Priscilla, 1969, J. Szabo photo

In bilico sul filo del rasoio tra centinaia di generazioni “lente” e questa mia stronza, maledetta e velocissima generazione da costruire atteggiarsi rappresentava l’unico modo per sopravvivere, l’unica maniera di prender tempo al tempo implacabile. Questa è stata la mia generazione, i miei anni tra il 1966 e il 1970, tra i pantaloni corti e i jeans sdruciti, tra le ”case chiuse” e le femministe in corteo. Ma non c’era tristezza, non c’era l’acida malinconia con cui oggi scrivo queste righe, c’era la sorpresa, c’era voglia e c’era gioventù. C’era una spinta impressionante, un orizzonte in perenne movimento. E c’era la musica… ah, la musica! Ci rappresentavano le note, cambiavano con noi ed erano nuovissime, stravolgenti, arrivavano dove noi eravamo solo con la nostra immaginazione. La musica faceva società, politica e sesso; la musica eravamo noi e adesso a distanza di quarant’anni la musica, quella musica, danza ancora per noi, ci illude, ci blandisce, dà corpo ai sogni che ci sono rimasti. The summer of 68, l’estate che cambiò tutto era fatta di musica. Ci portò lontano e ci fregò l’esistenza; dopo nessuno di noi riuscì a tornare indietro.

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Ciao Gina mia